Emozione Priorat

Una vacanza diversa è la scusa per andare a trovare un amico, che si è trasferito in Spagna per seguire il cuore e la sua passione enologica. Si è trasferito nella comarca catalana del Priorat, una delle due DOCa iberiche (DOQ in catalano) insieme alla Rioja. Non sappiamo bene cosa ci aspetti, abbiamo lasciato carta bianca al nostro amico  per farci scoprire un territorio  tante volte letto sui libri ma mai, prima d’ora incontrato. Sappiamo che ci aspetteranno vini rossi, potenti, tannici, pronti per lungo invecchiamento a base di garnatxa e carinyena.

Arrivati sulla penisola spagnola corriamo lungo l’autostrada che unisce Barcellona a Tarragona per poi dirigersi verso l’interno all’altezza della città di Reus. Ci informano che per arrivare a destinazione dovremmo superare un passo di montagna e qui iniziano le sorprese! Lasciato Reus, circondati da una meravigliosa e profumata macchia mediterranea siamo catapultati in un ambiente montano, le curve e i tornanti si susseguono fino alla cima del Coll d’Alforja, dove inizia ad aprirsi lo spettacolo della Serra de Montsant.

Le pareti verticali della Serra fanno da sfondo alle prime vigne del Priorat. La viticoltura eroica di montagna (la DOQ Priorat è socia del CERVIM: Centro di Ricerche, Studi e Valorizzazione per la Viticoltura Montana), inizia a mostrarsi in tutte le sue forme, anche se, quelle pareti compatte, campo di gioco degli appassionati dell’arrampicata sportiva e splendidamente colorate di rosso al tramonto, nulla fanno presagire del terreno che le viti devono affrontare nella loro lunga vita produttiva.

Le emozioni s’inseguono una dopo l’altra: rivedere un amico dopo tanto tempo,  la visione di una natura quasi ferma nel tempo, la curiosità di scoprire cosa Dieguito abbia organizzato per i giorni successivi. Vi anticipiamo che tre giorni sono pochi per vedere una delle zone più interessanti della Catalogna: Siurana, Tarragona, Escaladei, Poboleda, Cornudella de Monsant tappe imprescindibili tra mare e monti, falesie, anfiteatri romani, vecchie abbazie dei monaci certosini, e soprattutto vigne.

Vigne che sono un miracolo della natura. Hanno in media 50 anni e molte arrivano addirittura oltre i 75 anni e crescono nella 20190821_182014_WEBllicorella, una roccia ricca di quarzite simile a scisti/lavagna. Questo è il Priorat terreni difficili, salvaguardia dell’ambiente, coltivazioni biologiche, rispetto della biodiversità e vecchie vigne: quelle vecchie vigne passate di padre in figlio e che sono l’essenza della tradizione. Se questo non è karma!

Finalmente dopo il primo giorno alla scoperta del paesaggio Diego ci svela le nostre tappe enologiche:  Mas Sinen di Burgos Porta e Clos Mogador di René Barbier. I nomi parlano da soli: Mas Sinen una delle prime aziende a ricorrere alla coltivazione biologica, e René Barbier uno dei famosi quattro moschettieri che insieme a Carles Pastrana, Alvaro Palacios e José-Luis Pérez hanno scritto la storia enologica del Priorat. Tante sono state le emozioni  nello scoprire le aziende, e tante ne rivivono oggi semplicemente ricordandole. Le due aziende sono molto diverse per usi, notorietà e interpretazione della produzione, ma a modo loro seguono le tradizioni del Priorat.

DSC_3724 - CopyArrivare a Clos Mogador e sapere che aspettiamo René Barbier junior equivale alla stessas attesa di un bambino per Babbo Natale, La reazione all’incontro è quasi scontata: stai zitto, rubi con gli occhi e cerchi di ricordarti il più possibile di quello che racconta. Vedere da vicino una pianta di garnatxa di circa 90 anni e dalla quale sono state clonate le altre piante lascia senza fiato. Il terreno non regala nulla e l’assenza di irrigazione di sostegno si vede nei grappoli piccoli e compatti. Raggiungere Mas Sinen invece ti fa capire la severità dell’ambiente naturale, 2 chilometri di strada sterrata in salita, dove passa una sola macchina circondata da boschi e vigne che alla fine di apre su uno splendido anfiteatro di vigne con al centro la cantina per la produzione.

In tutte e due le aziende è forte la salvaguardia dell’ ambiente e della biodiversità, anche se condotta in modo diverso. DSC_3728_WEBPasseggiando tra i terrazzamenti delle vigne di Clos Mogador sembra di non essere in una vigna ma in un grande prato costellato di piante (addirittura degli ulivi) e erbe: un sovescio che nasce dal territorio del Priorat e che può dare alla vite quel qualcosa in più.

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Camminando tra le viti di Mas Sinen, invece, scopriamo l’altra faccia della biodiversità, della protezione dell’ambiente, del biologico: ove possibile, le viti sorgono dentro un piccolo solco sui pendii lisci e privi terrazzamenti al fine di non stravolgere la struttura del terreno e il profilo delle colline.

Ciò che colpisce maggiormente è la fierezza e l’orgoglio che i produttori nutrono per la loro storia e tradizione grande o piccola che sia.

DSC_3735_WEBArriviamo finalmente nelle cantine: barrique, tonneau, botti grandi e recipienti a forma di uovo (sembra che all’interno si sviluppino delle correnti convettivi spontanee che aiutano il vino nella fermentazione o maturazione) si susseguono una dietro l’altra.

A Clos Mogador la spillatura del vino dalla botte si trasforma in un rituale quasi “sacro”: il liquido rosso nel bicchiere, intenso e consistente, l’assaggio pieno, fresco e elegantemente tannico, fa già presagire come l’attuale potenza e irruenza verranno magistralmente domate dal necessario, lento e non frettoloso “riposo”.

E’ chiara e netta l’identità di origine: vino e territorio. La llicorella, la scarsa irrigazione (a volte neanche quella di soccorso), il clima severo contribuiscono alla creazione dei vini del Priorat.

In questi luoghi, infatti, si può verificare il fenomeno della “maturaciò pausada” (maturazione interrotta): in estate, la spiccata escursione termica, dai 18 gradi della notte ai 38 gradi del giorno, è in grado di bloccare o rallentare notevolmente la maturazione delle uve e quindi di ottenere la necessaria acidità per la longevità dei vini.

20190819_182813_webLa più bella scoperta del viaggio è che il Priorat mantiene con fierezza la sua identità di luogo fuori dal tempo, con presenza di piccole produzioni a conduzione familiare che, in molti casi, ancora conferiscono le uve alle cooperative locali, ma che riescono a trasformarsi in realtà come Celler Ronadelles della DO Montsant con una produzione di 600 mila botttiglie.

La più bella conferma, invece, è che il vino accumuna e crea amicizie e per questo chiudiamo ringraziando Diego e Maria per l’ospitalità augurando loro ogni bene nel nuovo percorso di vita!