Enrico Ceci : uno degli eredi di Titulus

Per anni, pensando al Verdicchio, ci veniva in mente la famosa bottiglia a forma di anfora verde con la pergamena disegnata nel 1953 dall’architetto Antoni Maiocchi per una famosa azienda vitivinicola delle Marche. Da qualche anno le cose sono cambiate, quando sono arrivati gli “eredi” virtuali della storica azienda, una serie di piccoli produttori che con la loro caparbietà, tenacia e capacità hanno contribuito a rafforzare e diffondere l’immagine della viticultura delle Marche nel mondo.

L’evento

Qualche giorno fa, grazie alla nostra amica Emanuela (rivista con piacere in altri eventi) abbiamo incontrato uno di questi, Enrico Ceci, detto Righetto, che agli inizi degli anni ’90 lascia la FIAT, prende i terreni di famiglia, e fonda l’omonima l’azienda agricola.

L’azienda

L’azienda. Che si trova a San Paolo di Jesi nella zona classica di produzione del Verdicchio Castelli di Jesi DOC, è piccola (solo 18 ettari) ma la produzione è completa: vino (9 ettari), olio e cereali (e per quest’ultimi come dice Enrico “anche se ci rimetto non posso lasciare la terra incolta è un peccato“).

La produzione di vino, circa 10.000 bottiglie di bianco e 5.000 di rosso, dipende dalla stagione, e dalla quale dipende anche la produzione del vino sfuso che oscilla tra i 750 e i 1000 quintali, e che, come ci fa capire Righetto con una nota di rammarico, ha meno costi di gestione e si vende più facilmente.

Tutta la produzione è in mano ad Enrico, mentre la moglie Nazzarena, ora in pensione, si occupa a tempo pieno dell’amministrazione e della promozione dei prodotti.

Le colline sulle quali sorgono gli impianti sono di varia natura: calcare, argille, marne (una volta era presente il mare in questi luoghi), e i vigneti sorgono tra i 200 e i 400 metri s.l.m. dove una buona ventilazione permette la crescita di uve sane e di conseguenza un utilizzo solo di trattamenti a base di rame e zolfo, a conferma delle idee che porta avanti Enrico quando dice che “il vino buono si fa in vigna e non in cantina” .

Mentre ci racconta che la produzione è incentrata su Verdicchio, Montepulciano, Sangiovese, Merlot e Lacrima, è bellissimo notare la luce negli occhi del produttore quando parla dei suoi due ettari di vigna che hanno 40 anni e dei suoi tre filari che ancora partecipano alla produzione e che sono stati piantati nel 1953 (se questo non è Karma!).

La degustazione

La serata procede piacevole tra aneddoti e curiosità in un clima di simpatia e giovialità anche grazie al feeling tra Enrico e la moglie arrivando così al pezzo forte della serata: le due miniverticali di Verdicchio dei castelli di Jesi classico superiore DOC e rosso Piceno DOC, abbinate da Fabiola (titolare del ristorante La Maiellettarispettivamente con una calamarata al ragù bianco e un arrosto con carciofi e patate.

Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico Superiore Santa Maria d’Arco

Tre le annate in degustazione: 2016, 2014 e 2009, prodotte con vigne di età tra i 6 e i 40 anni. Fermentazione a temperatura controllata e affinamento in acciaio, con imbottigliamento dopo 12 mesi dalla vendemmia, che ormai inizia a metà settembre e non ai primi di ottobre, come accadeva ai tempi del papà di Enrico, a causa dei cambiamenti climatici, pena la perdita di acidità.

Ci vengono serviti i tre vini e, subito, ci fanno notare l’aspetto cristallino del vino e i suoi colori: giallo verdolino la 2016 (d’altronde parliamo di Verdicchio), giallo paglierino per la 2014 con classici riflessi verdolini e uno splendido giallo oro per la 2009.20180504_211446

Siamo tentati di degustare subito la 2009, ma ci riportano subito all’ordine tornando al 2016. E’ difficile descrivere questa degustazione senza diventare banali, ma il confronto delle tre annate fa capire cosa vuol dire evoluzione del vino, dei suoi profumi e delle sue caratteristiche.

Nella 2016 i profumi sono freschi, vegetali, la frutta è croccante, tipico di quando è appena colta. Percepiamo mela, biancospino, timo e note minerali. Arriva la 2014 e i profumi evolvono, la frutta diventa matura, esotica, sentiamo l’ananas, addirittura del mallo di noce e tutto questo combacia perfettamente con le sensazioni del gusto, dove le parti morbide del vino aumentano… Poi la 2009 e i profumi evolvono ancora verso profumi terziari: mandorla, banana ipermatura, miele di zagara, peperone, zenzero, le componenti morbide del vino continuano a crescere, ma si capisce che la freschezza e la sapidità di questi vini sono il filo conduttore della degustazione e che la caratteristica principale del Verdicchio consiste nel poter avere degli splendidi vini anche a distanza di anni.

Rosso Piceno DOC Santa Maria D’Arco

Con l’arrivo del secondo piatto, arrosto con carciofi fritti e patate, inizia la seconda miniverticale con il Rosso Piceno DOC e tre annate: 2015, 2008 e 2001, prima annata di Rosso Piceno prodotta da Enrico.

Le vigne hanno una età compresa tra gli 8 e i 15 anni, occupano circa un ettaro e sono situate tra i 200 e i 250 metri s.l.m. Il vino è un blend di Montepulciano (65%), Sangiovese (30%), Merlot e Lacrima (totale dei due 5%). La fermentazione è controllata con follatura e macerazione sulle bucce. L’affinamento avviene in botti grandi per 9-12 mesi, le stesse utilizzate dal nonno e dal papà di Righetto e che permettono di coniugare tradizione e modernità in cantina. Il vino viene successivamente messo in bottiglia per 5-12 mesi prima della commercializzazione.20180504_211456

Il colore rubino della 2015 ci fa subito immaginare i suoi profumi: sottobosco, fiori rossi, geraneo, viola, frutta rossa, ribes, spezie, tutti però con un timbro di freschezza.

La 2008 ci porta un colore più evoluto e con se i profumi “meno freschi”: fiori secchi, pout pourri, olive, sensazioni iodate, ematiche, cuoio… ma c’è “un qualcosa” che blocca l’espressione di questo vino, come se fosse in un momento di stanca.

Con queste premesse ci avviciniamo titubanti al 2001, ma la folgorazione è immediata: al naso è potente con profumi inebrianti. Le sensazioni del primo vino, in questo, si sono evolute ed amplificate: fiori secchi, frutta sottospirito, liquirizia, cioccolata, china, asfalto, profumi terziari inebrianti in un colore virato verso il granato, ma con una splendida vivacità e tonalità. E la bocca conferma in pieno i profumi, con le parti morbide cresciute in modo importante e ottimamente supportate da freschezza, tannicità e sapidità.

In conclusione posso senz’altro affermare che la famiglia Ceci, Enrico e Nazzarena, ci ha fatto viaggiare nel tempo dell’enologia marchigiana, mostrandoci sia la forza delle loro idee che troviamo nei loro prodotti, sia anche un lato debole che consiste nel rammarico per non vedere valorizzata l’agricoltura in Italia, che invece potrebbe essere un punto di riferimento per tanti giovani, e nel rammarico di un figlio che ha preferito il lavoro in fabbrica, che loro avevano lasciato, a quello nell’attività di famiglia,

Questa però è un altra storia e a questo punto non resta che andarli a trovare.

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